Non dobbiamo abbassata la guardia, siamo di fronte ad una pandemia
Di vaccino ancora non si può parlare, ma ci sono molti casi di sperimentazione
La comunicazione è fondamentale, su questa dobbiamo migliorare
Anche se la giornata si è aperta con una buona notizia – il decremento di nuovi casi positivi di nuovo coronavirus, quelli registrati in più oggi sono 2470 – complessivamente la situazione permane allarmante. In totale i malati sono 23.073.
Ad intervenire sul tema è il professor Giorgio Palù, già direttore del Laboratorio regionale di Microbiologia di Padova e Presidente della Società Italiana e della Società Europea di Virologia, ed oggi specialista in oncologia e patologia generale presso la Casa di cura Villa Maria di Padova e Centro di medicina.
La riduzione dei nuovi casi come va interpretata?
È una buona notizia che, se confermata stasera dalla Protezione Civile, darebbe forza alle previsioni basate sul modello cinese, dove sono state adottate misure anche più stringenti delle nostre. Non va però sopravvalutata. Ricordiamo infatti che questa pandemia si è espansa in maniera asincrona. Nel centro sud al momento gli episodi sono sporadici. Inoltre, non possiamo escludere che il virus possa ripresentarsi, anche se in maniera stagionale, ma che ritorni.
La quarantena che lei aveva invocato sin dall’inizio sta dando buoni esiti?
È dimostrato da quanto avvenuto in Cina, l’unica misura possibile. E anche la più saggia che ha preso il Governo, anche se ha esitato a lungo. Questa sarà tanto più efficace quanto più il contagio diminuirà al Nord e quanto meno al sud sarà diffuso il virus. Conosceremo dai prossimi dati quanto dovrà durare il provvedimento. Al momento quindi evitare nel possibile i contatti è l’unico modo per preservare noi stessi e gli altri.
Possiamo dire di avere sbagliato l’approccio iniziale?
Sono stati commessi importanti errori di comunicazione che hanno creato un generale stato confusionale. Non è una semplice influenza. È una polmonite che agisce in profondità.
Inoltre i primi report clinici, anche se attendiamo conferme da studi clinici più accurati, sembrano farci ritenere possibile che l’infezione da SARS-CoV-2 possa lasciare tracce a posteriori. Parliamo di un certo grado di insufficienza respiratoria e di un non recupero totale funzionale della capacità respiratoria polmonare.
Sono molti i timori alimentati dalla paura, come quello sulla trasmissibilità del virus sulle superfici. Cosa sappiamo a tal proposito?
L’infettività del virus non è facilmente misurabile nella realtà di contesti inanimati (suppellettili, oggetti). Tuttavia sappiamo che l’igienizzazione dei locali dove abitiamo, la decontaminazione e la disinfezione delle superfici su cui lavoriamo consentono di eliminare in misura significativa la presenza di virus infettanti. Quindi è fondamentale l’igiene in casa, in ufficio, nella vita comune. È privo di fondamento invece che il virus si trasmetta dall’asfalto, attraverso le scarpe che indossiamo quando usciamo all’esterno.
Anche di mascherine si è parlato a lungo, e non solo per la loro assenza. Quali requisiti devono avere?
La loro efficacia dipende dal setaccio di cui sono dotate. Il virus non vola libero nell’aria ma si propaga con una esalazione, un colpo di tosse, attraverso goccioline di alcuni micron. Le mascherine non devono quindi permettere la fuoriuscita del virus, soprattutto da parte dei soggetti che hanno già l’infezione. Certo, proteggono anche chi non è contagiato. Ma va stimato in un metro lo spazio vitale di un virus, non oltre.