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Mauro Bergamasco: sport ed età dello sviluppo, crescere insieme

Mauro Bergamasco: sport ed età dello sviluppo, crescere insieme

L'ex rugbista della Nazionale ci parla dell'importanza dello sport nella crescita dei ragazzi.

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Lo sport ha la grande responsabilità di sviluppare la crescita psico-neuro-motoria dei bambini attraverso la pratica, favorendo la formazione del carattere, dando l’opportunità di creare relazioni e i presupposti per crearne di nuove nel futuro.

Il rugby in questo senso è lo sport di squadra per antonomasia in cui viene richiesto al ragazzo di accettare le regole una volta che entra a far parte di un gruppo. Nell’allenamento si lavora a livello individuale, ma anche a livello globale con l’opportunità di osservare le abilità degli altri o delle altre compagne di squadra e mettersi a confronto con sé stessi per cercare di superare quelli che sono i propri limiti visibili in quel momento. Anche il confronto non giudicante con gli altri aiuta a fortificare la voglia di raggiungere alcuni obbiettivi.

1 Quali sono, per i più giovani, i vantaggi di praticare questo sport?

In questo sport la sfera del bambino o della bambina viene messa in relazione con tutto quello che è la parte sociale, sportiva o no, del mettersi a confronto. Si lavora su quelle che possono essere le proprie risorse, che l’educatore è in grado di individuare, in modo potenziante per il carattere del bambino che guadagna in autostima e in capacità relazionale. Inoltre, per quanto riguarda il fattore psico-neuro-motorio, specialmente dai 4 anni in su, c’è proprio la possibilità di andare a fortificare tutte quelle che sono le abilità motorie: il gesto semplice e il gesto complesso.

Il rugby diventa “uno stile di vita” con principi che durano anche in età adulta?

Il presupposto parte sempre dallo sport in generale, però nel rugby grazie sempre a quello che è l’intervento degli educatori, c’è lealtà: si impara a condividere gli spazi, a dare il proprio apporto all’interno della squadra e, quindi, alla capacità di relazionarsi in questo contesto. Si impara fin dove si può arrivare e, col simbolo del passaggio del pallone, ad affidare ad un compagno di squadra ciò che si è fatto fino a questo momento.

È molto semplice, in tenera età, sviluppare delle empatie in maniera subconscia.
Il lavoro che facciamo è aiutare ad imparare a fidarsi degli altri compagni di squadra, con l’interazione, con le relazioni, in modo che il compagno di squadra sia ancora più performante. È quindi è chiaro che all’interno di uno sport come quello del rugby si sviluppa la capacità relazionale.

E i giovani, cosa insegnano a chi li allena?

Gli educatori hanno la grande opportunità di imparare ad osservare, sviluppare una sensibilità per capire quando il ragazzino o la ragazzina hanno un problema, anche al di fuori della vita sportiva. In questo caso, l’azione è supportarli, anche semplicemente nel rendersi disponibili ad accogliere un timore. Questa è una cosa fondamentale che ci portiamo a casa e che può esserci utile in qualsiasi momento della quotidianità.

2 Nell’allenamento sportivo di quali stimoli hanno bisogno i più giovani?

I ragazzi hanno bisogno di un legame con gli educatori che con le loro modalità di insegnare delle regole, raccontandole più che dicendole, in maniera amorevole, presentano dei comportamenti che i bambini tendono ad emulare.

Quindi, per prima cosa, hanno bisogno di entrare in empatia con qualcuno che li guidi e poi hanno bisogno della sfida, di portare al limite quelle che possono essere le loro risorse, le loro abilità, perché indirettamente chiedono di essere messi alla prova sempre di più per voglia di avanzare.

La pandemia e l’isolamento hanno segnato psicologicamente i più giovani, quali segnali riscontri nei ragazzi dopo 2 anni così difficili?

Una delle cose fondamentali che si nota è che hanno cambiato abitudini e la difficoltà di ripartire, perché non c’è più un obbiettivo, o meglio, gli obbiettivi sono cambiati. Ecco che è importante riuscire a creare una automotivazione per impegnarsi in un percorso. per i giovani queta cosa  è a livello esponenziale, perché hanno perso 2 anni di vita, di relaizoni.

Loro sono le generazioni future e pagheremo le conseguenze a causa della perdita di due anni di sviluppo?

Sulle età più giovani si può ancora lavorare perché hanno la capacità di non focalizzarsi sulle problematiche e, nel subconscio, tendono ad andare a cercare una soluzione. L’adolescente, invece, ha perso il momento in cui riconosce anche la sessualità, riconosce un rapporto con l’altro sesso che lo stimola. Non parlo di cose astratte o puramente maliziose, ma proprio a livello di relazioni, il saper parlare con un individuo dell’altro sesso che sta procedendo in uno sviluppo diverso.

3 Il progetto “Education and Sport”. Da cos’è nata l’idea e come lo sport aiuta ragazze e ragazzi nell’età dello sviluppo?

Il progetto “Education and Sport” è una SSD che è operativa da 12 anni in cui promuoviamo dei “camp” estivi suddivisi per gruppi di età, in cui lo sport diviene uno strumento educativo. 
Sono campus particolarmente intensi da punto di vista dell'allenamento, ma anche di confronto. Ci sono 3 staff che collaborano assieme: uno sportivo-tecnico-tattico, uno di preparazione fisico-atletica e motoria e uno staff educativo che è quello che si occupa delle attività ludiche e formative. Quindi c’è il divertimento, ma anche la riflessione e il confronto.

Inoltre, lavoriamo da 12 anni con l’AIPD, l’Associazione Italiana Persone Down. Ci sono ragazzi e ragazze con Sindrome di Down al campo che trovano spazio di integrazione coi normodotati, viene loro proposta la stessa attività sportiva fisica ed educativa con la differenza che loro sono seguiti anche da dei tutor con lo scopo di renderli sempre più autonomi. Un tipo di integrazione che sta alla base del nostro progetto. E proprio per questo motivo lavoriamo su tre terreni differenti: erba, sabbia e acqua per chiudere quel gap motorio con i più lenti, i più pesanti. Ecco che è una realtà non difficile ma complessa, perché progettiamo la settimana di campus tenendo conto di tutti questi aspetti.

 

Foto: Marco Rossetto

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