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Umberto Galimberti, noi occidentali avanzati abbiamo perso il senso del limite

Umberto Galimberti, noi occidentali avanzati abbiamo perso il senso del limite

Intervista con il filosofo e saggista sul rapporto tra Uomo e Natura.

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Umberto Galimberti, filosofo, psicoanalista e docente universitario. Da sempre attento ai cambiamenti generazionali e ambientali, nel suo ultimo libro L’etica del viandante, il Professore si oppone all’etica antropocentrica che vede l’uomo come proprietario della Terra, denunciando il modello di civiltà contemporaneo detonatore della distruzione della biosfera.

Noi occidentali avanzati abbiamo perso il senso del limite. La natura viene ormai concepita dalla nostra cultura come qualcosa da usare fino all’usura, non è più concepita come terra di abitazione ma è concepita proprio esclusivamente per quel tanto che può essere sfruttata in tutte le sue forme, modi e qualità.”

1 Nel suo ultimo libro, l’Etica del viandante, afferma che oggi la nuova materia prima è la tecnica, la quale punta ai risultati e non agli scopi. In che senso?

La tecnica è la forma più alta di razionalità mai raggiunta dall’uomo, la sua formula è molto semplice: raggiungere il massimo degli scopi con l’impiego minimo dei mezzi. Oggi la nostra capacità di fare con la tecnica è enormemente superiore alla nostra capacità di prevedere gli effetti del nostro fare e, perciò, ci muoviamo a mosca cieca, in una dimensione imprevedibile.

Per i primitivi l’imprevedibile era vissuto come una totale angoscia, ma per difetto di conoscenza, mentre il nostro imprevedibile è dovuto a un eccesso di conoscenza e quindi di capacità di fare.

La tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di senso, non dischiude orizzonti di salvezza, non dice la verità. La tecnica funziona, e il suo funzionamento diventa l’ordine e il senso della Terra. E questo è inquietante, è inquietante sapere che le cose valgono in quanto mezzi per ulteriori funzionamenti, in un processo infinito e senza scopi. Per la tecnica il passato è semplicemente passato, e il futuro è un perfezionamento di procedure.

2 La democrazia può in qualche modo cautelarci da questa epoca?

La democrazia è qualcosa di molto debole, qualcosa di debolissimo. Non so fino a quando ce l’avremo, considerando che i Paesi democratici sono il 20% dell’umanità mentre l’80% sono dittature e autocrazie, quindi siamo molto indifesi a questo livello.
Bisogna tenerla ben cara la democrazia, e difenderla!

La democrazia è un’idea regolativa, non l’abbiamo realizzata, non basta andare a votare per essere democratici ,bisogna fare delle cose per essere democratici, bisogna costruire gli asili nido per liberare le donne, bisogna eliminare le code negli ospedali, bisogna consentire a tutti, anche ai non abbienti, di poter studiare.

La democrazia sono i fatti, non sono i voti. Certo, tutti devono votare, ma non possiamo pensare di svolgere la nostra funzione civile limitandoci a votare. L’occidente è stato governato da tre etiche, tutte antropocentriche, tutte che partono dal concetto che l’uomo è il padrone del Mondo, e perciò giustificato a intervenire indisturbato sulla natura. In quest’epoca l’uomo deve capire che non è più al centro.


Se non è più possibile seguire un’etica antropocentrica, quale etica si deve assumere?

I diritti dell’uomo non funzionano per salvare la terra, perché non sono applicabili, hanno la caratteristica tipica dell’universalismo occidentale, noi pensiamo di aver raggiunto la civiltà e impugniamo i nostri valori al resto del mondo.

I diritti dell’uomo peccano di universalismo e non comprendono i diritti della natura, perché non c’è una morale che non sia antropologica. Le morali si limitano a garantire la pace all’interno della comunità. Una cultura cosmopolita che non prevede gli stati, invece, può portare a una pace perpetua. Creare una cultura cosmopolita sul principio della fraternità. La cultura della fraternità dice che i beni della terra sono i beni di tutti mentre la cultura dello Stato dice “prima noi”.
La cultura della fraternità include nella sua etica la difesa dei beni della terra, della natura, mentre le etiche che si sono costruire in occidente non hanno mai considerato le forme viventi come qualcosa da tutelare eticamente.

3 Come possiamo difendere la natura?

Noi occidentali avanzati abbiamo perso il senso del limite. La natura viene ormai concepita dalla nostra cultura come qualcosa da usare fino all’usura, non è più concepita come terra di abitazione, ma è concepita proprio esclusivamente per quel tanto che può essere sfruttata in tutte le sue forme, modi e qualità.

Dobbiamo considerare che le ferite della Terra riguardano l’uomo, non come membro dello stato, ma l’uomo come membro di una specie. Le ferite della Terra mi interrogano non in quanto appartengo a uno stato, ma in quanto appartengo alla specie. La specie può essere difesa a una sola condizione ed è quella, appunto, che si difenda la Terra, altrimenti anche la specie va in rovina.

Non dobbiamo intendere come parossistica l’idea dell’abolizione degli Stati, perché la tecnica ha già provveduto ad abolire gli Stati. La tecnica non si ferma a uno solo stato, appena inventa una cosa quella cosa diventa mondiale.

Il modello della tecnica ha già superato il confine dello stato, perché allora non dovrebbe essere esteso e applicato anche dal modello della fraternità? Questo passo, però, non è possibile partendo dai valori, perché i valori sono diversi da etnia a etnia, però lo si può fare a livello d’interesse, perché è interesse di tutti salvare la Terra. Non la si salva facendo politiche green se poi la Cina non le adotta.

Siamo già in un rischio elevato, perché le persone non hanno una cultura ecologica, non ci si rende conto che la biosfera è minacciata non solo dall’anidride carbonica, ma anche, e soprattutto, dalle guerre.
L’uomo deve trascendere da un modello culturale nemico a un modello cosmopolita della fraternità. Questa logica deve prevedere necessariamente gli enti di natura, perché noi dipendiamo da loro. E, quindi, è altrettanto necessario abbandonare una cultura antropocentrica per una biocentrica, altrimenti è inutile fare programmi, la Terra finirà.

4 Quali sono gli effetti dell’epoca della tecnica in termini di salute mentale?

Nella razionalità tecnica l’uomo deve compiere le azioni scritte prescritte dall’apparato seguendo i valori della tecnica che sono: efficienza, funzionalità, produttività e velocizzazione del tempo.

Il tempo della tecnica ha già superato la nostra capacità psichica della temporalità, noi siamo ancora più lenti dell’accadimento tecnico e questo fa sì che aumentino in maniera esponenziale tutte le condizioni di ansia, di insonnia, consumo di psicofarmaci, se non addirittura di stupefacenti. Bisogna sempre essere all’altezza della situazione, e questo a scapito della nostra salute.

5 L’intelligenza artificiale è uno dei frutti acerbi dell’epoca della tecnica...

Smettiamola di utilizzare questa parola, non ne sappiamo niente. Io non ne so nulla, so che è pericolosissima però. È una questione di moda, tutti ne parlano. Se dico una cosa a una persona so che la comprende, se una macchina dice una cosa a me quella cosa viene codificata da tutte le macchine del Mondo. Vogliamo davvero vivere in un contesto del genere?

La ragione umana è fallita, allora creiamo una super ragione, che è la ragione delle macchine? L’uomo ha cominciato a esternare le sue forze: ha esternato la forza delle sue braccia attraverso le leve, ha esternato la cecità con gli occhiali, la sordità con gli auricolari, ha esternato quasi tutto... e adesso esterna anche il cervello, per affidarlo alle macchine?

L’uomo di oggi è già dipendente. Una volta per vedere il Mondo uscivi di casa, adesso invece basta guardare il telefonino, ma così non stiamo vedendo il Mondo ma un Mondo che è stato allestito per noi.

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