Antonio Fantin: “I problemi? Vanno affrontati guardando alle soluzioni”
Grande successo per il nuotatore Antonio Fantin che alle Paralimpiadi di Parigi 2024 ha conquistato l’oro nei 100 metri stile libero S6 e un importante argento nei 400.
Com’è andata questa esperienza parigina?
È andata molto bene!
Ero partito con un obiettivo che era quello di vincere entrambe le gare, nei 100 e 400 metri stile libero, e anche se non ho replicato l’oro nei 400, sono comunque soddisfatto del mio argento. Se solo tornassi indietro di qualche anno…poter partecipare a un’Olimpiade era un sogno e invece ora mi sembra normale, e anche d’obbligo riconfermare il risultato che avevo fatto a Tokyo, quindi sono contento di questo perché significa che abbiamo fatto un bel percorso (si riferisce a tutta la Nazionale di Nuoto Paralimpico, ndr.).
Abbiamo costruito tanto in questi anni e questo sentimento di normalità è dovuto proprio al fatto di averci pensato ogni singolo giorno.
Indice
1 Questa volta te lo aspettavi di vincere l’oro, possiamo dirlo?
Sì, diciamo che l’ho vissuta più come una consapevolezza, e con delle emozioni completamente diverse rispetto a quella precedente.
A Tokyo era l’ultima medaglia che mi mancava, quindi vincere l’oro era pesante. Nel momento in cui l’ho vinto mi sono sentito proprio liberato… è stata proprio una liberazione! Mentre a Parigi è stato più un voler vincere quell’oro, voler riconfermarsi, voler provare a dimostrare, soprattutto a me stesso, che dopo tre anni siamo ancora qua.
Non si tratta più del mio primo oro, però è la conferma di quanto lavoro è stato fatto. In questi tre anni siamo cresciuti un po’ tutti, abbiamo fatto soprattutto un’opera di convincimento e di condizionamento dal punto di vista della consapevolezza quindi sono contento di come siamo arrivati, di come ho gestito le gare e l’attesa delle gare! Perché ho gareggiato alla fine del programma, e non è mai semplice, non lo era stato nemmeno a Tokyo.
Aspettare, guardare, essere lì ma non entrare mai in azione e scalpitare dietro le quinte. Anche questa è una cosa molto difficile da gestire.
C’è un po’ di amarezza per il mancato oro nei 400 metri?
Da un lato sì, non sono del tutto contento dei 400 stile, dall’altro lato, però, è comunque il frutto di un duro lavoro, quindi voglio essere contento perché, anche se non è il colore della medaglia che volevo, gioire di questo risultato significa ringraziare tutte le persone che ci hanno creduto, che ci hanno lavorato. Sono arrivato a 44 centesimi dalla doppietta, ma anche questo è motivo di crescita!
In generale, si chiude una stagione molto molto positiva per me. Avevo fatto la doppietta in entrambe le gare, in Coppa del Mondo e agli Europei, e ci è mancato poco qui, però essere di nuovo campione olimpico con questo risultato è comunque bellissimo.
2 Com’è stata la preparazione in questi due anni?
L’anno scorso è stato un anno particolarissimo, speciale per me, perché sono stato operato all’interno del canale midollare in C1-C2: un’operazione molto, molto delicata. Non sapevo cosa sarebbe stato di me dopo, ma ero fiducioso perché sono dell’idea che un problema porti, per sua definizione, a una soluzione e, quindi, essere consapevoli di questo ci permette di affrontare anche il momento più buio con la speranza e la voglia di tornare velocemente a brillare, anche se con una cicatrice in più.
Quando ho indossato quest’ultima medaglia, sfoggiava proprio su quella cicatrice in più che mi porto. Per me, questo è l’emblema di come le nostre cicatrici, all’inizio, ci facciano male, ma quando arriviamo al nostro obiettivo è come se si chiudesse un cerchio perfetto. Sono dell’idea che non dobbiamo essere scontenti, o comunque dispiaciuti o rammaricati per avere delle cicatrici in più, perché fanno parte della nostra vita.
Di quale problema di salute si trattava e come l’hai affrontato?
Quello che ho affrontato l’anno scorso non c’entra nulla con la patologia che mi ha colpito all’età di tre anni e mezzo, ovvero la MAV, o meglio, la fistola artero-venosa a livello midollare, ma si trattava di due neurofibromi che si erano formati all’interno del canale midollare in C1-C2 e che comprimevano il midollo.
Bisogna avere un coraggio costante: qualunque cosa facciamo e ci capiti nella nostra vita va tenuta sotto controllo, ma non deve limitarci! Questo vale per qualsiasi cosa e per chiunque, per un ragazzo che si trova sulla carrozzina, così come per un ragazzo che affronta una sconfitta in qualsiasi altro campo.
3 Che consiglio ti sentiresti di dare a tutti coloro che hanno paura di affrontare i propri limiti?
Di non avere paura, ma di avere fiducia. Se guardiamo un problema come un problema, lo aggraviamo ancora di più. Il problema va affrontato guardando alle soluzioni.
Quando usciamo di casa il primo giorno, non siamo in grado di fare niente, però l’autonomia si conquista giorno dopo giorno stando fuori di casa, non avendo tutte le comodità. È questo che mi ha insegnato il nuoto! Il fatto di adattarsi alle nuove situazioni ci fa crescere, ci rafforza e, quando alla fine concludiamo il nostro viaggio e raggiungiamo il nostro obiettivo, non ci siamo nemmeno accorti di quanta strada abbiamo fatto perché l’abbiamo veramente sentita nostra e ce la siamo goduta.
Qualche anno fa hai raccontato la tua storia nel libro Punto. A capo. Dalla malattia all’oro paraolimpico (Editore Piemme, 2022). Hai in programma di scriverne un altro, magari per raccontare i tuoi successi sportivi?
Al momento non è in programma, ma sarebbe bello perché mi piacerebbe parlare di tante altre cose. Però vedremo… in questo momento non ho ancora programmato nulla. Mi piacerebbe che il prossimo quadriennio sia ricco di tante cose come lo sono stati questo e quello che ha preceduto Tokyo.
4 Com’è stato tornare al Quirinale per riportare a casa il tricolore?
Essere ricevuti al Quirinale dal Presidente è sempre un’emozione unica. Significa, prima di tutto, rappresentare l’Italia e ricordarci che, anche se in gara siamo soli, portiamo con noi l’orgoglio e il sostegno di un intero popolo. Inoltre, tornare al Quirinale è il segno di una stagione ricca di successi e traguardi raggiunti.
Ora però un po’ di meritate vacanze, no?
Sì, sì… anche perché quest’anno la stagione è durata veramente tanto, dodici mesi. Quindi adesso mi concederò una pausa e poi vediamo. I prossimi anni sono vicini ma anche lontani, vediamo cosa succederà…
Sarebbe bello riconfermare ancora una volta i 100 metri, migliorare e, finalmente, riuscire ad arrivare in pari anche con i 400. Poi c’è tutta una preparazione extra al nuoto che vorrei fare e, che a questo punto, dopo due Olimpiadi, sento di dover fare, quindi vedremo…
© ph: CIP/Simone Ferraro
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