Il viaggio di Sammy, una vita straordinaria
Qualche anno fa abbiamo incontrato Sammy Basso, biologo, ricercatore e scrittore nato a Schio nel 1995. All’età di due anni gli fu diagnosticata la progeria, la malattia genetica comunemente nota come sindrome dell’invecchiamento precoce.
La malattia di cui soffre Sammy Basso, la progeria, o sindrome di Hutchinson-Gilford, è una patologia genetica dovuta a una mutazione del DNA.
Come ben sappiamo il nostro corpo è costituito da miliardi di cellule e per spiegare meglio questa malattia, dobbiamo immaginare il DNA come un codice di tre miliardi e duecento milioni di lettere all'interno di ognuna di esse: ebbene, in progeria una sola di queste lettere è mutata e in un punto molto importante del genoma che produce una proteina chiamata “lamina A” che, una volta mutata, viene chiamata progerina.
"Lamina A” è la proteina che, da una parte, sostiene il nucleo, perché forma come una rete per sostenerlo e dunque è molto importante per la comunicazione molecolare all’interno e all’esterno; da un’altra parte, organizza il DNA e dunque lo fa funzionare così come dovrebbe.
In progeria questo processo è alterato e la conseguenza è che prima di tutto non avviene il sostentamento del nucleo, anzi, questo si deforma; e poi una buona parte del DNA viene utilizzato in maniera sbagliata.
Si verifica un accumulo di rottura del DNA e conseguenti varie mutazioni in diverse parti del genoma; nella fisiologia normale, è chiamata invecchiamento ma il problema è che, con la progeria, si tratta di un invecchiamento molto precoce e che procede velocemente proprio a causa di questa mutazione.
Ci sono due mutazioni coinvolte, molto vicine tra loro; la maggior parte dei pazienti ne presenta una, altri pazienti hanno l’altra ma, in entrambi i casi, produce la stessa proteina. A livello fisico succede la stessa cosa e gli effetti sono gli stessi.
Indice
1 Quali sono i sintomi principali della progeria?
I sintomi sono proprio quelli correlati all’invecchiamento:
- problemi alle ossa come osteoporosi, artriti
- problemi nelle capsule articolari dunque dislocazioni molto facili
- problemi alle spalle, alle anche
In progeria si assiste a una lipodistrofia generalizzata, dunque a una mancanza di grasso sottocutaneo che è un fattore importante a livello metabolico.
Soprattutto, la progeria presenta problematiche al cuore e ai vasi sanguigni: causa principale di morte dei pazienti poiché questi tessuti sembrano essere particolarmente fragili rispetto alla malattia.
L’unico organo che non è coinvolto è il cervello e il sistema nervoso in generale: c’è la mutazione, ma non viene espressa.
Quando ti è stata diagnosticata la malattia e come si è manifestata?
La progeria mi è stata diagnosticata quando avevo due anni e qualche mese. All’epoca mi fecero una visita genetica rudimentale se paragonata ad oggi! Allora venne adoperato un semplice metro e analizzato il quadro clinico dei sintomi.
La diagnosi di progeria fu espressa quasi casualmente, da una genetista che si era ricordata di una fotografia vista su un libro di testo quando ancora era studente: anni luce rispetto alla realtà odierna!
Era il 1998, io avevo due anni e allora non era ancora stato sequenziato il genoma umano; il sequenziamento del DNA è avvenuto nel 2000 e da quel momento tutto è cambiato.
2 Come si effettua oggi la diagnosi?
La diagnosi oggi è semplice ma è frutto di quella importante scoperta: basta prendere un campione di DNA, analizzarlo e se c’è il minimo dubbio che si tratti di progeria si va a controllare proprio quel gene specifico, quella specifica mutazione, riuscendo a comprendere in maniera veloce e sicura se ci si trova di fronte a un caso di progeria.
Resta fondamentale l’intuizione e la bravura dello specialista che, osservando i sintomi, può essere indotto a sospettare un caso di progeria e quindi si attiva con le analisi necessarie arrivando alla diagnosi precocemente.
Qui in Italia, anche grazie alla divulgazione che stiamo promuovendo con la nostra associazione, l’ A.I.Pro.Sa.B. (Associazione Italiana Progeria Sammy Basso APS Onlus), e coinvolgendo tanti medici, siamo in grado di diagnosticare la malattia anche a tre o sei mesi di vita riuscendo a fare il test genetico entro l’anno di vita.
Diagnosticare in anticipo, grazie alla mappatura precoce del genoma, può fare la differenza?
È importantissimo diagnosticare in anticipo la malattia perché, una volta che si è capito che si tratta di progeria, si capisce perché ci sono certi sintomi e dunque si sa come trattare il paziente, mettendo in atto le strategie più adeguate e appropriate al caso.
3 Quali sono i trattamenti ad oggi disponibili?
Nel 2007 è cominciata negli Stati Uniti una sperimentazione clinica riguardante un trattamento farmacologico alla quale io stesso ho partecipato. Nel 2020 è stato approvato dall’Ente americano “Food and Drug Administration” (FDA) e nel luglio 2022 anche dall’ “Agenzia Europea dei medicinali” (EMA) il Lonafanib, inizialmente studiato come farmaco antitumorale, oggi in campo come farmaco valido per combattere la “malattia dell’invecchiamento precoce”, in quanto ha dimostrato di essere efficace come inibitore della farnesilazione della progerina.
Questo farmaco è un aiuto significativo nel senso che riesce a rallentare la progressione della malattia, riesce a tamponare certi sintomi; è stato riscontrato un allungamento della vita media dei pazienti e, non proprio un recupero ma una sintomatologia che sembra meno forte, si vive più in salute, fermo restando che certi problemi, come ad esempio quelli cardiaci continuano ad avere un’incidenza rilevante.
4 A che punto è oggi la ricerca?
Un’ equipe internazionale, di cui faccio parte, prosegue la ricerca sia sul piano farmacologico, sia sul piano della cura dei sintomi. Stiamo analizzando e sperimentando altri farmaci pensati questa volta appositamente per la progeria.
Un aspetto importante è poi lo studio sull’infiammazione, che è uno degli effetti tipici in progeria, relativo all’assetto della cellula: intervenendo su questo aspetto ci dovrebbe essere un recupero e un miglioramento significativi dei sintomi.
Un altro filone di ricerca riguarda il ruolo del grasso e come “montare” le cellule adipose in pazienti con progeria proprio perché, essendo afflitti da un metabolismo estremamente veloce, la presenza di adipociti sarebbe molto importante.
Parlaci del tuo percorso di studi e cosa fai a livello professionale oggi?
Dopo un iniziale interessamento alla Fisica, ho proseguito con Scienze Naturali all’Università di Padova, laureandomi con una tesi riguardo l'Ingegneria genetica sulla progeria: si trattava di una ricerca, da cui poi sarebbe nato il base editing che stiamo studiando ora. Per la magistrale mi sono orientato a Biologia molecolare, sempre all’Università di Padova, laureandomi con una tesi di ricerca sulla progeria correlata all’infiammazione.
Attualmente sono consulente scientifico per “The Progeria Research Foundation”, l’associazione americana per la ricerca e il trattamento di pazienti affetti da progeria; è un’associazione che sosteniamo anche noi con la nostra. Lavoro da casa svolgendo l’attività di ricerca con l’analisi dei dati, dunque non la parte di ricerca in laboratorio che da un lato è la più divertente, per così dire, ma anche più meccanica.
Da qualche tempo a questa parte intervengo in convegni medici portando la mia esperienza e in qualità di scienziato.
Infine, ma non da ultimo, nell’ambito della nostra associazione, mi occupo anche del rapporto con i pazienti mantenendo la comunicazione e gestendo numerose relazioni. Assistiamo molti pazienti che arrivano anche da tanti paesi dove non esiste nessun tipo di assistenza e neppure possibilità diagnostica; la nostra è una presenza sia dal lato umano, poiché non esistono cure nei paesi da dove arrivano, sia in termini di ricerca.
Oltre alla nostra e a quella americana, esistono altre due Associazioni in Europa: una molto attiva sorta da poco in Spagna e un’altra in Olanda che però non si occupa di ricerca.
Sammy, sei stato il primo paziente ad essersi sottoposto a un intervento chirurgico molto particolare e importante i cui esiti hanno avuto un ruolo determinante per la tua vita e non solo. Vuoi descriverci questa straordinaria ennesima avventura?
Nel gennaio 2019 ho subito un intervento molto importante che ha portato non solo beneficio a me, allungandomi la vita, ma è stato molto utile per la ricerca.
Avevo un problema molto grave alla valvola aortica, quella valvola che porta il sangue dal cuore a tutto il corpo: si stava calcificando e si sapeva che presto avrebbe smesso di funzionare, si sarebbe chiusa e di conseguenza si sarebbe fermato il cuore; poteva accadere a breve, entro pochi giorni, o settimane o al massimo entro due anni.
La situazione era molto critica anche perché in progeria questo tipo di problematiche progrediscono molto velocemente. Ero, a forte rischio di vita.
L’equipe medica di Boston che mi segue da anni, mi aveva consigliato un particolare tipo di intervento chirurgico molto difficile, con più “no” che “sì” e che prospettava, in caso di riuscita, un recupero molto impegnativo. Tuttavia, sapevamo quale sarebbe stato comunque il decorso della situazione: non c’era molta scelta!
Dovevo giocare il tutto per tutto. In quel momento stavo studiando all’Università, alla triennale. Quella era la mia priorità e ho voluto prima raggiungere quell’obiettivo. Lo so, ho rischiato molto. Col senno di poi...dico che mi è andata bene!
Nel frattempo però si è presentata una opportunità diversa. Tramite dei ricercatori con cui collaboriamo qui in Italia abbiamo conosciuto il Professor Francesco Musumeci - che opera attraverso azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini - il quale ha preso a cuore il mio caso analizzandolo a fondo anche in collaborando con l’equipe americana.
È stata eseguito così, qui in Italia, l’intervento con una sostituzione della valvola aortica tramite una semplice incisione del costato divaricando le coste: mi hanno “bucato” la punta del cuore e, a cuore battente, sono arrivati alla valvola e l’hanno cambiata. Di solito questi interventi si fanno si fanno in via endovenosa; ma nel mio caso non ciò non era possibile proprio perché i vasi sanguigni sono fragili ed era troppo rischioso. È andato tutto bene anche se il rischio di insuccesso era stato calcolato ben del 50%!
Com’è stato il decorso post-operatorio?
Direi ottimo. Mi sono risvegliato il giorno stesso dell’intervento. Sono rimasto in ospedale una settimana sotto controllo; poi sono rimasto in casa per un mese riguardato, usando sempre la mascherina per non correre il rischio di ammalarmi - e ancor prima che...divenisse di moda!
Al primo mese di distanza dall’intervento ho ricominciato ad andare all’Università e a fare tranquillamente tutto quello che facevo prima nella mia vita quotidiana. Fin da subito, già nei primi giorni dopo l’intervento quando ancora ero in ospedale, tutti notavano la differenza!
Da notare, ed è molto importante dirlo, che io comunque non avevo presentato particolari sintomi in riferimento a questo problema. Bisogna dunque ribadire che, come per tutti i casi di progeria, il check-up è importantissimo e va eseguito periodicamente almeno ogni sei mesi.
Quello che stiamo portando avanti come Associazione è proprio questo, cioè teniamo sotto costante osservazione i pazienti con progeria per cercare di salvare più casi possibili. Il mio intervento è stato il primo ma dopo ne sono seguiti altri e siamo riusciti a salvare molti altri pazienti.
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