Emicrania e cefalee: il disturbo più diffuso
La Società Internazionale delle Cefalee ha classificato oltre 200 tipi diversi di mal di testa; tra di essi, la più frequente causa di ricorso alle cure mediche è l’emicrania
Ne soffre in media il 12% della popolazione mondiale in tutti i continenti, per lo più in età giovanile e produttiva, con punte che sfiorano il 25% per quanto riguarda la categoria delle donne in età fertile. Si calcola che nel nostro Paese ogni anno vengano effettuate almeno 4 milioni di visite proprio a causa della cefalea, specie per l’emicrania, e che per molti pazienti questa sia così debilitante da influire pesantemente sui normali ritmi di vita, di relazione e di lavoro. In quasi la metà dei casi, infatti, gli attacchi sono tanto intensi da impedire qualsiasi attività. Le cure contro l’emicrania risultano particolarmente efficaci quando sono altamente personalizzate in funzione delle caratteristiche cliniche e psicologiche del paziente. La terapia del mal di testa si basa su farmaci sintomatici, su farmaci preventivi, su terapie fisiche e su un approccio polispecialistico integrato.
“In Italia, ne soffrono più di cinque milioni di persone e ogni anno circa 12 milioni di giornate lavorative sono perse a causa del mal di testa, con rilevanti conseguenze per il paziente e per la società.”
Quali sono le principali cefalee?
Il termine deriva dal greco kefalé, cioè capo; indica una condizione di generico dolore della testa. La prima importante distinzione è fra le cefalee primarie e le secondarie: nelle secondarie (10 per cento del totale) il dolore è un sintomo, un segnale d’allarme di una causa identificabile (es. sinusite, ipertensione, meningite, traumi), per cui si deve curare la causa per risolvere il dolore
Nelle cefalee primarie la causa non è riconoscibile; il dolore stesso costituisce la malattia e questa si cura intervenendo su di esso.
Tra le cefalee primarie, la più frequente è la cefalea tensiva, quella che quasi tutti sperimentano saltuariamente almeno una volta nella vita e che il più spesso si risolve con un analgesico da banco.
Ma la cefalea primaria che più frequentemente chiede il ricorso alle cure mediche è l’emicrania. Gli attacchi sono molto intensi e invalidanti: la persona non riesce più a compiere attività lavorative, domestiche o ricreative. Si accompagna a sintomi come nausea, vomito, incapacità di sopportare luce, suoni, odori e si verifica all’improvviso, in modo imprevedibile. L’attacco dura anche
tre giorni. Una forma detta “emicrania del weekend” è associata alla fase di relax del fine settimana.
La cefalea primaria che causa in assoluto il dolore più lancinante è la cefalea a grappolo, fortunatamente molto meno frequente dell’emicrania. Cosa è la cefalea a grappolo?
Una forma caratterizzata da raffiche quotidiane della durata di settimane/ mesi (“grappoli”) di attacchi molto intensi e di durata inferiore alle tre ore. Il dolore è descritto come un coltello o un chiodo
nell’orbita. Di solito colpisce sempre lo stesso lato e interessa la zona oculare con arrossamento dell’occhio, lacrimazione, abbassamento della palpebra.
L’attacco arriva a ore fisse del giorno, spesso dopo un pasto o nel sonno profondo; il grappolo dura 1-2 mesi ma ricompare tempo dopo, nello stesso periodo, di solito primavera- autunno.
Come si diagnostica la cefalea?
Va raccolta con cura la storia del paziente. Si inizia escludendo le forme secondarie: è necessaria una visita neurologica, con esame diretto del paziente, perché queste forme possono nascondere
malattie importanti. Se persistono dubbi, si eseguono test di laboratorio e/o esami neuroradiologici.
Quali sono le terapie farmacologiche disponibili?
Vi sono due linee di cura, la terapia con farmaci di attacco e quella con farmaci di profilassi. La terapia dell’attacco serve a interrompere il dolore e usa farmaci generici come gli antinfiammatori, che alleviano l’attacco, o specifici come i triptani, che lo bloccano del tutto; possono affiancarsi farmaci che agiscono su sintomi associati, come gli antiemetici sul vomito. La terapia di profilassi si adotta quando gli attacchi invalidanti sono frequenti; adopera farmaci di diverso tipo e ad azione lenta, che vanno assunti per almeno due mesi e mirano a ridurre la ricorrenza degli attacchi.
È importante capire che la terapia va calibrata sul paziente e sul tipo di cefalea, quindi va decisa e in seguito controllata dallo specialista delle cefalee, con l’aiuto di un diario specifico, molto rilevante per la valutazione accurata dell’andamento della cefalea.
C’è qualche legame con lo stile di vita?
Sì, è importante mantenere un certo comportamento, modificando eventualmente il proprio stile di vita, ma senza generalizzare.
Per gli emicranici vanno evitate le situazioni che scatenano gli attacchi: in certi pazienti, ad esempio, l’uso di alcuni alimenti, come il cioccolato, gli agrumi, i formaggi stagionati.
Ciò non significa che questi cibi vadano eliminati a priori dalla dieta, ma che ciascuno dovrà valutarne l’effetto sulla propria malattia, e solo se in reale relazione con lo scatenamento degli attacchi ne eviterà l’assunzione.
Attenzione a parte merita l’alcol, che nell’emicranico causa cefalea in quantità minori rispetto a un soggetto normale.
Bisogna poi evitare abbuffate e digiuni, rispettare un adeguato periodo di sonno. Ma ogni paziente deve porre attenzione alle condizioni alimentari e ambientali che possono favorire i suoi attacchi e che possono essere molto individuali.
Alucne raccomandazioni per il paziente emicranico
- rivolgersi al medico se il mal di testa diviene frequente o invalidante; se compare per la prima volta dopo l’età di 40 anni; se, pur presente da tempo, il mal di testa peggiora progressivamente o modifica le sue caratteristiche, diviene “diverso”; se è provocato da sforzo
- in preparazione della visita, compilare un diario della cefalea che riporti frequenza, durata, intensità degli attacchi, i farmaci assunti e la loro efficacia, individuare ed evitare, come accennato sopra, le situazioni che favoriscono il mal di testa
- assumere la terapia appena inizia l’attacco e a dosi piene: se si tarda, si rischia la perdita di efficacia
- evitare il “fai da te” e comunque l’uso quotidiano prolungato di farmaci di attacco, cosa che può paradossalmente rendere cronica la cefalea
- non scoraggiarsi se il farmaco prescritto non è efficace o dà effetti indesiderati, ma parlarne con il curante che ne modificherà il dosaggio o lo sostituirà
- non essere mai rinunciatari: non è vero che “tanto non si può fare niente “ o, peggio, “devo convivere col mio mal di testa”. Fortunatamente sono pochi i casi in cui non si riesce a migliorare nettamente la qualità di vita del paziente cefalalgico; e questo vale anche per i numerosi pazienti che nel raccontare la loro storia esordiscono con la tipica, disarmante frase “ho provato di tutto e non mi è servito a niente”. Nella realtà, il “tutto” si riferisce ad una serie limitata di farmaci, talora inappropriati, spesso assunti in dosi inadeguate e per periodi troppo brevi, e quindi vi è ancora ampio spazio terapeutico.
Da cui consegue un’ultima, importante raccomandazione per facilitare lo Specialista a prescrivere la cura più appropriata: riferire i farmaci che si stanno utilizzando e ricordare con la maggiore precisione possibile anche quelli utilizzati in passato, con dosi, durata del trattamento, efficacia, eventuali effetti indesiderati.
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