La psiche come elemento fondamentale del gesto atletico
La psicologia dello sport ha come obiettivo quello di sviluppare e applicare tecniche che permettano di massimizzare le probabilità dell’atleta e/o della squadra di raggiungere il proprio obiettivo agonistico.
Scienza e sport: è questo un binomio che sempre più frequentemente viene chiamato in causa, se è infatti vero che i risultati sportivi vengono attribuiti non solo al talento naturale ma anche all’intervento della scienza, volta a ottenere con l’allenamento il massimo rendimento da parte dell’atleta, è purtroppo altrettanto vero che sempre più spesso la Scienza dello Sport viene identificata con le manipolazioni farmacologiche.
Cosa si intende per scienza dello sport?
La Scienza dello Sport non riguarda tout court la somministrazione di farmaci e integratori buoni o cattivi, leciti o illeciti, anzi è una disciplina ben più ampia e complessa, che può consentire grazie a strumenti fisiologici, psicologici e biomeccanici di porre l’atleta nelle condizioni di ottenere la Sua massima performance.
La prestazione sportiva può essere definita un vero e proprio evento scientifico: lo studio e la valutazione dell’atleta prima, durante e dopo la prestazione, sono il principale obiettivo della Scienza applicata allo Sport. Lo sport di alto livello è infatti l’espressione di quanto massimale la “macchina corporea” umana può compiere: il massimo in destrezza, velocità, precisione, forza, potenza esplosiva; persino a volte, il massimo in immobilità, esempio nel tiro a segno.
Nello specifico, psiche e sport sono strettamente legate in un circolo virtuoso in cui fare sport fa bene alla mente. Possiamo dire anche viceversa?
La prestazione sportiva è il prodotto non solo di una semplice somma di programmi di allenamento delle abilità atletiche e tecniche, ma anche di sviluppo delle abilità mentali, le sole, a detta della maggior parte dei Campioni, che consentono un effettivo salto di qualità nel raggiungimento della performance.
Non è difficile ipotizzare delle sessioni di allenamento che potranno essere trasformate dando maggiore enfasi a singole sequenze allenanti singoli distretti motori, espressione non solo di specifiche attivazioni neuromuscolari ma anche dei relativi processi psicodinamici e cognitivi che le sottendono.
Oggi sentiamo parlare anche di allenamento ideomotorio, ma di cosa si tratta?
Nell’allenamento ideomotorio l’atleta attraverso la visualizzazione pensa come se stesse realmente eseguendo un determinato movimento: sciatori si rivedono mentalmente lo slalom che stanno per cominciare, i golfisti “immaginano” l’esecuzione dei loro colpi, nel calcio il rigorista visualizza la traiettoria della palla, in atletica leggera gli atleti visualizzano se stessi nell’atto di eseguire con successo la loro azione.
Sono copie mentali ben controllate di specifiche esperienze motorie. Attraverso specifiche sedute di training ideomotorio si impara ad immaginare la propria azione proprio come la si stesse eseguendo in quel preciso istante. Si tratta di rappresentazioni vivide di eventi conservati nella memoria, sentire che sto facendo il gesto tecnico senza muovermi con il corpo e questo è molto differente dal “pensare alla gara” o dal sognare. Immaginare mentalmente non è solo un’attività visiva, è anche tattile, uditiva e cinestesica e potrebbe essere definita come un pensiero di tutto il corpo.
Andrea Franceschin
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