Pene curvo da malattia di La Peyronie: la soluzione è (quasi sempre) chirurgica
L'incurvamento del pene superiore a 30° può essere risolto con l'intervento chirurgico.
L’incurvamento del pene interessa tra il 3 e il 9% della popolazione maschile, principalmente nella forma acquisita o malattia di La Peyronie. Questa patologia può determinare un severo disagio psicologico che può spingersi sino alla depressione in un paziente su due.
Indice
1 Quali sono le cause dell’incurvamento nella malattia di La Peyronie?
L’incurvamento acquisito del pene è dovuto a una patologia conosciuta come Induratio Penis Plastica (IPP) o Malattia di La Peyronie, dal nome del medico che l’ha descritta nella prima metà del XVIII secolo. Essa è caratterizzata dalla formazione, spesso innescata da una trauma, di lesioni fibrose della tonaca albugìnea, l’involucro elastico che riveste e delimita i corpi cavernosi cioè le strutture erettili del pene.
Le lesioni, che prendono il nome di placche, sono prive di elasticità, e per questa caratteristica strutturale durante l’erezione provocano la curvatura del pene. La malattia si sviluppa in due fasi: la fase attiva o infiammatoria della durata circa 6-8 mesi durante la quale le placche sono in rimaneggiamento e l’incurvamento può modificarsi sino a scomparire nei rari casi più fortunati; la fase di stabilizzazione, che fa seguito alla prima nella quale variazioni dell’incurvamento sono poco probabili.
2 Il campanello d’allarme: sintomi dell’incurvamento del pene
La malattia può manifestarsi all’inizio con la comparsa di una o più placche associate o meno ad incurvamento; non è infrequente l’esordio caratterizzato da dolore locale durante l’erezione in assenza di lesioni o incurvamento. Il dolore ha generalmente una durata di alcune settimane e si risolve spontaneamente.
La disfunzione erettile si associa spesso alla Malattia di La Peyronie, spesso indotta dal disagio psicologico generato dalla deformità peniena e dalle sue ripercussioni sulla vita sessuale del Paziente e del Partner.
Gli incurvamenti inferiori ai 30° non alterano la capacità di penetrazione, ma all’aumentare della deviazione il rapporto sessuale diviene via via più difficoltoso ed è impossibile quando si superano i 70-80 gradi. L’accorciamento del pene indotto dalla fibrosi aggrava il disagio meccanico e psicologico indotto dalla curvatura.
3 La diagnosi della Malattia di La Peyronie
La diagnosi di malattia di La Peyronie si basa sulla presenza di una curvatura di recente insorgenza e sul riscontro delle placche; l’ecografia basale e l’eco-color doppler dinamico del pene possono fornire ulteriori elementi di valutazione cole la presenza di calcificazioni delle placche e lo stato funzionale dei corpi cavernosi. Gli elementi di cui si tiene conto nella pianificazione della terapia chirurgica sono il grado di curvatura, la lunghezza del pene e la presenza di una disfunzione erettile (in atto o potenziale).
4 Come correggere l’incurvamento del pene?
Si ricorre alla terapia chirurgica nel caso, purtroppo assai frequente, in cui la terapia medica non abbia risolto il problema. L’obbiettivo del chirurgo è quello di restituire al Paziente un pene rettilineo, di lunghezza e rigidità adeguata ad una penetrazione soddisfacente. Gli incurvamenti inferiori a 30° non richiedono alcuna correzione, tranne nei casi in cui essi siano causa di inaccettabile disagio psicologico.
Nel caso di funzione erettile conservata e in assenza di fattori di rischio per quest’ultima, la scelta dell’intervento è effettuata tenendo conto della lunghezza del pene e dell’angolo di deviazione; un pene di sufficiente lunghezza e con un incurvamento sino a 60° potrà essere corretto con una corporoplastica di accorciamento o di plicatura, poiché in questo caso la riduzione di dimensioni sarà ben tollerata ai fini estetici e della penetrazione; nel caso di un pene di dimensioni ridotte e curvatura superiore a 60° la tecnica di corporoplastica con innesto di tessuto controlaterale alla curvatura consentirà il raddrizzamento prevenendo l’ulteriore accorciamento.
Nel caso in cui la funzione erettile sia compromessa o se ne preveda il deterioramento a breve termine per la presenza di fattori di rischio la scelta terapeutica deve ricadere sull’impianto di una protesi peniena; essa consente il ripristino o il mantenimento di una erezione identica a quella naturale, dunque adatta ad ogni tipo di rapporto, senza alterare la sensibilità o l’orgasmo del Paziente. Nella maggior parte dei casi l’impianto di una protesi è sufficiente a provocare il raddrizzamento del pene; nei casi più gravi una correzione chirurgica complementare consentirà di conseguire l’obbiettivo di un pene dritto, rigido e di lunghezza adeguata.
Massimo Capone
Hai bisogno di un consulto medico in Andrologia?
Verifica la disponibilità di una visita medica, in video o in un centro medico a te vicino, con uno dei nostri specialisti selezionati
Verifica disponibilità Richiedi videoconsultoAltri articoli di Dott. Massimo Capone
Altri articoli di Urologia
Newsletter
Iscriviti alla newsletter
Scarica l'ultimo numero della rivista Medicina Moderna e rimani sempre aggiornato sui webinar e tutte le iniziative in tema di salute