Tumore alla prostata, l'esame del PSA serve davvero?
Quali sono le indagini realmente necessarie per lo screening e la diagnosi precoce
Una premessa: bisogna dividere la popolazione maschile in termini di rischio o fattori prognostici. Il più importante è la familiarità.
Chi ha avuto un padre affetto da tumore prostatico, soprattutto se in età giovanile, dovrebbe sottoporsi ad esame del PSA e visita urologica annuali dall'età di 40 anni.
Chi ha avuto parenti dall'età di 45 anni, e tutta la popolazione maschile dall'età di 50 anni, quantomeno fino ai 75 anni, se si è in buona salute.
I due esami principali sono: dosaggio ematico del PSA ed esplorazione rettale. La prostata è situata sotto la vescica e davanti al retto per cui si controlla facilmente con una esplorazione rettale.
Cos'è il PSA e perché ha un ruolo così importante nello screening del tumore alla prostata?
Il PSA è un enzima prodotto ed immesso nello sperma dalla ghiandola prostatica. In condizioni normali, pertanto, la sua concentrazione è bassa nel sangue ed elevata nel liquido seminale.
Un aumento del PSA nel sangue può essere determinato da una malattia della prostata (ipertrofia prostatica, prostatiti, tumori), ma anche, ad esempio, da situazioni fisiologiche connesse a sforzi fisici: per questo motivo, non è matematico che chi ha un PSA elevato nel sangue abbia un tumore alla prostata.
Inoltre, il carcinoma della prostata può anche essere “indolente”, quindi non evolutivo e non importante. Sarà lo specialista urologo a saper differenziare la malattia silente o a lenta evoluzione da quella con comportamento aggressivo.
Il consiglio e il programma terapeutico vengono decisi con l'interessato dopo un'accurata indagine della patologia, considerando anche le specifiche esigenze e la situazione familiare e lavorativa del paziente.
Il dosaggio del PSA, sia nella forma totale che nei suoi derivati (PSA libero, pro PSA), a differenza della sola visita urologica, ha fatto scoprire tumori localizzati e di piccola dimensione perfettamente curabili.
A scopo esemplificativo, possiamo dire che il PSA vale quasi il doppio della sola esplorazione rettale, ma che questa non deve essere omessa.
Quali sono i possibili effetti collaterali?
Il rischio maggiore è di diagnosticare tumori clinicamente non significativi, o poco, evolutivi creando un inutile stato d'ansia al paziente e procedendo a provvedimenti invasivi non giustificati, che talvolta riducono la qualità della vita.
Gli accertamenti si possono tramutare in costo per la sanità e grande impegno psicologico ed economico per il soggetto.
Sta allo specialista rassicurare il paziente e selezionare gli esami utili a caratterizzare la malattia ed individuare il miglior percorso diagnostico e terapeutico con la minore invasività possibile, compresa la "vigile attesa". In questi casi la curva di andamento del PSA, la RMN prostatica e l'esperienza dello specialista giocano un ruolo fondamentale.
Quali sono gli effetti indesiderati della terapia radicale?
Gli effetti collaterali della terapia radicale (mirata all'estirpazione del tumore) sia chirurgica che radiante consistono soprattutto nella Disfunzione Erettile (DE) e nella Incontinenza Urinaria. Esse si correlano soprattutto con l'estensione della malattia locale e con l'età. L'incontinenza urinaria incide nel 5% dei casi circa e la DE in percentuale maggiore, ma è sempre correlata al tipo di intervento, all'estensione della malattia e all'età del paziente.
Quali sono le indagini a cui sottoporsi per lo screening del carcinoma prostatico?
In realtà non esistono nuove linee guida per la diagnosi precoce anche se vi sono pareri contrastanti circa l'efficacia di uno screening del cancro della prostata. Il PCA3 non sostituisce l’antigene prostatico specifico (PSA) ma è specifico per il tumore alla prostata. Questo lo rende utile per integrare le informazioni fornite dal PSA e decidere se procedere alla biopsia prostatica.
Un altro esame utile per stabilire se la biopsia è necessaria è il PHI o Indice di Salute Prostatica (disponibile, su richiesta del paziente, presso i punti prelievo del Centro di medicina), mentre la risonanza magnetica può diagnosticare o escludere la possibilità di un tumore alla prostata: il suo vantaggio è che, se eseguita con tecnologie adeguate, oltre al sospetto diagnostico fondato ci indica sede, dimensioni e multifocalità del tumore stesso.
In conclusione, oggi possiamo avvalerci di numerosi esami prima di sottoporci ad una biopsia prostatica ecoguidata. Sarà l'esperienza dello specialista urologo a saperci consigliare il miglior approccio diagnostico o un tranquillo controllo periodico.
Stefano Guazzieri
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