Cortisone e patologie reumatiche
Utilizzato per la prima volta nel 1948 dal Nobel per la Medicina Philip S. Hench, il cortisone è un farmaco utilizzato con successo in ambito reumatologico.
Utilizzato per la prima volta nel 1948 dal reumatologo americano Philip S. Hench, in seguito premio Nobel per la Medicina, per curare con successo un caso di artrite reumatoide, il cortisone è ancora oggi il farmaco di prima scelta nel trattamento di molte malattie reumatiche.
Il suo impiego ha contribuito a modificare il decorso e la prognosi di svariate patologie.
La composizione del cortisone
Il cortisone è un farmaco di sintesi analogo al cortisolo, un ormone derivato dal colesterolo, e prodotto fisiologicamente dal nostro organismo secondo un ritmo giornaliero.
Il momento di somministrazione del farmaco deve pertanto rispettare il naturale ritmo fisiologico, con il picco massimo di produzione di cortisolo alle 8 del mattino, oltre che le manifestazioni cliniche della malattia. Esistono in commercio varie tipologie di cortisone, tra cui i più comunemente usati nelle malattie reumatiche sono il prednisone, il prednisolone e il metilprednisolone.
Le indicazioni d’uso del cortisone
Nonostante siano stati introdotti recentemente farmaci utili per il trattamento di processi infiammatori e risposta immunitaria, il cortisone continua a essere largamente usato in ambito reumatologico. Viene impiegato nelle artriti, come l’artrite reumatoide e l’artrite psoriasica, ed è farmaco di riferimento in malattie reumatiche sistemiche come il Lupus Eritematoso Sistemico, la Dermatomiosite, la Polimiosite, alcune manifestazioni della Sindrome di Sjogren, la Polimialgia reumatica e le Vasculiti.
Nell’artrite reumatoide, in particolare, il cortisone ha dimostrato non solo una rapida azione sul dolore e nello spegnere velocemente l’infiammazione articolare, ma anche la capacità di rallentare nelle fasi iniziali di malattia e il processo di danno articolare erosivo in attesa che i farmaci di fondo associati, a più lenta azione, raggiungano la soglia di efficacia necessaria per evitare le deformità articolari ed il deficit funzionale, oggi obiettivi non più impossibili.
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