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Paolo Mieli e la denatalità: basta sesso, torniamo a fare figli

Paolo Mieli e la denatalità: basta sesso, torniamo a fare figli

Lo storico a confronto con gli specialisti del Centro di Medicina.

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Sono stati moltissimi gli argomenti affrontati durante l’incontro organizzato recentemente dal Centro di Medicina, tenutosi a Conegliano (TV), che vedeva come ospite speciale il Professor Paolo Mieli. Per l’occasione lo storico si è confrontato su temi importanti con gli specialisti della salute della donna e dell’uomo, e ha presentato il suo nuovo libro “Fiamme dal passato”. 

Tema pivotale della serata: la denatalità.

1 Il monito di Paolo Mieli: finiamola con l’edonismo!

Ad aprire l’incontro sul tema, il monito di Mieli secondo il quale, per contrastare la mancanza di nuove nascite, è opportuno recuperare quello che è lo scopo primigenio dell’atto sessuale, ovvero la procreazione: “Abbiamo introiettato un virus, che è quello che ci porta alla denatalità, di cui ci siamo resi consapevoli in ritardo. (…) Fino agli anni '70, il mondo moderno aveva un un incubo: la sovrappopolazione.
Sovrappopolazione che avrebbe portato allo strangolamento della società; tutte le battaglie per i diritti civili erano battaglie per porre degli argini alla sovrappopolazione. (…) Il prodotto di questi ultimi 40/50 anni ha causato un crollo della natalità perché la gente si è abituata a vivere, a leggere, a consumare, a orientare i propri gusti sessuali in modo da allontanare la sessualità dalla procreazione.
Abbiamo creato un’intera cultura che esalta la sessualità non riproduttiva e deprime la sessualità riproduttiva”.

Anni di fermento sociale e lotta per raggiungere l’emancipazione femminile che però, a detta dello storico, si è rivelata una sconfitta per le donne: “sono convinto che questa sia stata una rivoluzione a danno delle donne; su di loro è stata riversata l’intera responsabilità della procreazione, e questo ha una parentela con un’infinità di effetti che danneggiano le donne, fino ad arrivare ai femminicidi. Chiaro il messaggio di Mieli che punta il dito sul comportamento degli uomini nella società contemporanea, sempre più distaccati ed egoriferiti: “sono stati anni di deresponsabilizzazione maschile e di sovraccarico sulle donne che sono state costrette a prendersi l’intera responsabilità”.

2 Età biologica ed età reale

Sull’aspetto salute e tempismo è intervenuta la ginecologa Chiara Braghin che ha spiegato come il concetto dell’orologio biologico vada rivisto: “si parla sempre di età biologica, ma quella che è l’età reale per la gravidanza, e quindi per la fertilità, è l’età anagrafica. L’età biologica sono gli anni che noi diamo a un individuo in base a dei parametri morfologici e funzionali. (…) Se valutiamo l’orologio biologico possiamo notare che una donna che ha 50 anni oggi non è la donna di trenta, quarant’anni fa ma l’età anagrafica, quindi cronologica, è rimasta uguale”, un aspetto che, secondo l’esperta, non dovrebbe sfuggire a donne e uomini. 

“Se consideriamo l’età anagrafica (che non è mai cambiata negli anni), quindi il cutoff di sicurezza della fertilità, si fa riferimento ai 35 anni anagrafici, ovvero l’età reale che ha l’individuo”.

Dai 35 anni, infatti, la medicina riproduttiva dimostra che la fertilità della donna inizia a calare in modo drastico, mettendo a rischio non solo la capacità di procreare ma anche quella di portare a termine la gravidanza senza rischi.

A tenere il filo del discorso Mieli che, a riguardo, ha espresso un pensiero controverso: “una cosa che abbiamo imparato a trascurare è qual è l’età migliore per fare i figli; tutti gli animali fanno i figli nel momento migliore, nel caso dell’uomo è un argomento tabù perché l’età migliore per avere figli è talmente giovane che abbiamo elaborato una cultura per cui i dieci anni migliori per fare figli li saltiamo e li facciamo oggetto di stupro, di leggi per vietare… sono favorevole, sia chiaro! Ma sono cose su cui però mi fermo a riflettere. È curioso che siamo arrivati a criminalizzarli. Questo dimezza l’età buona per fare i figli: siamo l’unico genere che l’ha ridotta, metà mettendola proprio fuori legge e metà l’abbiamo lasciata dentro la legge ma incoraggiando a procrastinarla. (…) Mentre vedo con favore tutte le forme che portano a fare figli anche alle coppie omosessuali, vedo con grande allarme questa cultura di cui ho parlato prima, una cultura che esalta la sessualità, che si accorge dei problemi solo quando si manifestano sotto forma di donne che non riescono ad avere figli, uomini che hanno dei problemi e che non capiscono, e si distaccano sempre di più dalla missione che è quella di essere forti come popolo, come nazione”. 

3 Salute maschile: nessuno escluso

Diversa la situazione maschile ma non da prendere troppo sottogamba: “la spermatogenesi nel maschio non è una condizione che cala drasticamente nel tempo (…). Certamente, però, esiste un orologio biologico anche nel maschio. Non è tanto la produzione degli spermatozoi che cala nel tempo quanto la qualità genetica degli spermatozoi che risente dello stile di vita” ha spiegato l’andrologo endocrinologo Marco Ghezzi. “Dopo i 40, 50 anni, anche l’uomo ha un incremento, a parità di stili di vita, di condizioni fisiche, di una riduzione della qualità genetica, quindi un rischio aumentato di dare vita a gravidanze con alterazioni cromosomiche” ha proseguito Ghezzi, mettendo l’accento su quanto sia importante seguire uno stile di vita sano e attento per mantenere una salute riproduttiva adeguata. Inoltre, il medico ha precisato: “sessualità normale non significa necessariamente fertilità normale”.

4 Prevenzione

Sulla prevenzione la radiologa Stefania Gava ha sottolineato: “è necessario fare un distinguo tra genere maschile e femminile. (…) sono sempre le donne che si presentano in ambulatorio, per sé stesse ma anche per il compagno o per il figlio. (…) L’uomo vive ancora con il concetto di virilità pertanto non ritiene di doversi rivolgere al medico”. Un’affermazione quella della specialista che fa emergere come la disparità di genere si annidi anche nella gestione e prevenzione della salute. Sono ancora le donne, dunque, le più attente mentre gli uomini continuano a sentirsi “esonerati” a causa di retaggi culturali difficilmente scalfibili.

I controlli per gli uomini, però, esistono e sono consigliati anche in giovanissima età come ha fatto sapere il Dr. Ghezzi: “a 18/20 anni è possibile controllare come stanno gli spermatozoi facendo un esame del liquido seminale; in questa età avviene il completamento della pubertà e quindi è possibile individuare se ci sono delle problematiche a livello testicolare; problematiche difficili da individuare a causa del senso marcato di virilità che fa dire all’uomo “io non ne ho bisogno” quando invece non è così”. 

A sensibilizzare alla prevenzione anche Mieli che ha evidenziato l’importanza di controllarsi almeno una volta all’anno, indistintamente, uomini e donne, tornando poi, in chiusura, a rimarcare il suo avvertimento iniziale: “Abbiamo varcato un confine molto pericoloso che è il confine con il quale si imbocca la via dell’estinzione. Qual è allora la risposta che deve dare uno storico? Esserne consapevoli! La cosa più tragica sarà quando si rileggerà la storia, tra cento, centocinquant’anni, e rideremo del fatto che abbiamo travestito questo “aver varcato il confine” da liberalizzazioni, diritti, divertimento, e felicità”.

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