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Diagnosi prenatale: i test per la salute del feto

Diagnosi prenatale: i test per la salute del feto

Le indagini cromosomiche possono dare molte risposte fin dalle prime settimane di gravidanza, ne parliamo con il Dott. Luigi Caserta, ginecologo.

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Con il termine di “diagnosi prenatale” s’intende tutto quello che è possibile fare al fine di capire se il feto, che una futura mamma porta in grembo, abbia o meno una malattia cromosomica.

 Si tratta di un argomento che viene classicamente affrontato durante la prima visita ostetrica dove, soprattutto se si ha davanti una donna alla prima gravidanza, risulta particolarmente importante e occorre, quindi, prendersi del tempo per spiegare ogni singolo aspetto dell’argomento.

Parlare di diagnosi prenatale alla prima visita dipende anche dalla storia della donna perché già ripercorrendo alcuni aspetti della sua storia e quella della famiglia è possibile farsi un’idea della procedura da proporre.

1 I test prenatali non invasivi

Nel momento in cui ci si trova davanti una gravida in buona salute, dove in famiglia non vi sono segnalazioni da fare (p.e. familiarità o figli con malattie genetiche/cromosomiche), è possibile considerare ciò che vengono definiti “test prenatali non invasivi”.

Questi sono:

  • il test combinato
  • il test NIPT

Il test combinato (Ultrascreen)

Conosciuto anche come B-TEST o Ultrascreen, questo test va a considerare il rischio da parte di una donna in gravidanza di portare in grembo un feto affetto da una delle 3 principali malattie cromosomiche: trisomia 21 (o sindrome di Down), trisomia 13 e trisomia 18. Si tratta di un test di screening che ha la funzione, appunto, di screenare la popolazione, selezionando quali siano i casi che debbano esser sottoposti a test prenatali invasivi (amniocentesi, villocentesi) e chi no.

Il Test combinato consiste di due fasi:

  • un prelievo di sangue da effettuare preferibilmente alla settimana 10
  • un esame ecografico tra la settimana 11 e la settimana 13 + 5 giorni 

Con il prelievo del sangue si vanno a dosare l’ormone della gravidanza Free BetaHCG e la proteina placentare PAPP-A, mentre, con l’esame ecografico si va principalmente a misurare la cosiddetta Translucenza Nucale (NT), uno spessore di liquido presente dietro la nuca del bambino in quest’epoca, in quanto si è visto che bambini con Sindrome di Down, in molti casi, presentano questo segno. Può, tuttavia, accadere che nonostante una NT > 3,5 mm e la necessità di ricorrere ad un test prenatale invasivo, il feto sia cromosomicamente sano.

Oltre alla Traslucenza nucale, l’ecografia va a valutare altri segni quali:

  • la presenza/assenza dell’osso nasale
  • il rigurgito della valvola cardiaca tricuspide
  • il flusso di sangue nel dotto venoso, vaso presente solo in gravidanza

Dopo aver eseguito l’ecografia, tutti i dati raccolti, ecografici e laboratoristici, vengono inseriti in un programma informatico che calcolerà un rischio che potrà essere:

  • BASSO RISCHIO
  • RISCHIO INTERMEDIO
  • ALTO RISCHIO

Nel caso di un BASSO RISCHIO le linee guida scientifiche dicono che non sarebbe necessario effettuare nessun altro esame se non l’ecografia morfologica alla 20° settimana.

Nel caso di ALTO RISCHIO viene consigliato da parte dello specialista effettuare test prenatale invasivo (villocentesi, amniocentesi).

Nel caso di un RISCHIO INTERMEDIO si possono considerare due opzioni: la prima, di recente introduzione, è effettuare il NIPT, test prenatale su DNA fetale che consiste di un semplice prelievo di sangue dove si vanno a ricercare frazioni libere di DNA fetale nella circolazione materna.
Si tratta di un approfondimento del test combinato, in quanto, se quest’ultimo è un test con una sensibilità del 94% per Trisomia 21, 18 e 13, il NIPT permette di aumentare la sensibilità del test al 99,4% per la trisomia 21 e 98% per trisomia 18 e 13.

In caso di test su DNA fetale dubbio, sarà opportuno effettuare l’amniocentesi.

Se la donna in gravidanza non vuole fare il NIPT, tenuto conto che in molte regioni d’Italia il test è a pagamento e non per tutte le tasche, in alternativa si può proporre un esame ecografico premorfologico a 16-18 settimane per capire se con l’ecografia si rilevano segni di sospetto (cisti dei plessi corioidei, arteria ombelicale unica, intestino iperecogeno, femore corto) che indirizzerebbero poi verso l’effettuazione dell’amniocentesi.

Test su DNA FETALE-NIPT

È il test prenatale non invasivo di prima scelta soprattutto nel caso in cui la donna in gravidanza effettui la prima visita ostetrica dopo la 13° settimana. In quest’epoca, infatti, l’effettuazione del test combinato non è più possibile.

Come già spiegato in precedenza, si tratta di un semplice prelievo di sangue dove, invece che valutare glicemia, toxoplasmosi o altro, si vanno a ricercare frazioni libere di DNA fetale che sono presenti nel sangue materno. Come detto, la sensibilità di questo test è molto alta per le stesse malattie cromosomiche valutate con il test combinato, aggirandosi sul 99,4% per la Trisomia 21 e circa il 98% per quanto riguarda la Trisomia 13 e 18.

I test su DNA fetale oggi in commercio sono diversi e, nella maggior parte dei casi, già in un pacchetto BASE prevedono sia di conoscere il sesso del feto (sensibilità del 99% in caso di sesso maschile e 97,4% per quanto riguarda il sesso femminile) sia valutare anche patologie a carico dei cromosomi sessuali con una sensibilità superiore al 95%.

La risposta del NIPT, ottenibile nell’arco di una settimana circa sarà:

  • assenza di aneuploidie (bassa probabilità di trisomie), quindi mancata rilevazione di malattia cromosomica nelle percentuali di cui abbiamo parlato prima
  • alta probabilità di patologia. In quel caso viene consigliato di ricorrere a consulenza genetica per poi considerare eventuale test invasivo quale l’amniocentesi

Come già accennato in precedenza, alternativa al NIPT è l’esame ecografico premorfologico a 16-18 settimane. Da considerare, per chiarezza, che la sensibilità dell’ecografia premorfologica è assolutamente inferiore rispetto al NIPT in quanto molti feti, soprattutto con Sindrome di Down, da un punto di vista morfologico possono non mostrare alcun segno di sospetto e, in tal senso, la Sindrome può essere scoperta solo alla nascita.

Ma se la sensibilità del Test su DNA fetale è superiore al Test Combinato, perché non fare direttamente il NIPT?

Come spesso dico alle mie pazienti: “potete parlare con tre ginecologi diversi e vi daranno tre risposte diverse!”

Per come la vedo io, effettuare il test combinato non ha solo la funzione di calcolo di rischio delle trisomie di cui abbiamo detto, ma, soprattutto se l’esame ecografico è effettuato a 12-13 settimane, permette di effettuare uno studio accurato dell’anatomia fetale individuando anomalie che possono non essere correlate alle trisomie studiate. Poi ogni donna farà le sue valutazioni.

2 I test prenatali invasivi

Quando la donna presenta dei fattori di rischio elevati, il consiglio è di procedere con indagini più approfondite che, però, hanno lo svantaggio di un certo grado di invasività. Si tratta di prelievi di tessuto o di liquido amniotico con lo scopo di acquisire e analizzare il DNA del feto alla ricerca di anomalie genetiche.

Questi esami sono:

  • la villocentesi
  • l’amniocentesi
  • la cordocentesi

La villocentesi

La villocentesi è un’indagine prenatale invasiva che consiste nel prelievo di villi coriali tra la 10° e la 13° settimana. E’ un test che viene effettuato sotto guida ecografica e prevede l’utilizzo di un ago sottile attraverso l’addome materno raggiungendo i villi coriali, strutture che a 16 settimane daranno origine alla placenta.

La villocentesi è consigliata:

  • alle donne che hanno avuto risultati positivi ad altri test non invasivi (test combinato)
  • alle donne con un precedente bambino colpito da malattie cromosomiche
  • in presenza di familiari con specifiche malattie genetiche
  • quando uno o entrambi i genitori sono portatori riconosciuti di una malattia genetica

I risultati consentono, nel 99% dei casi, di escludere o accertare numerose malattie genetiche, anche se non possono identificare tutte le malattie del feto.

In rari casi, i risultati della villocentesi non sono chiari e richiedono, per ottenere una diagnosi certa, di eseguire un’amniocentesi.

Il prelievo dei villi coriali aumenta dell'1-3/1000 il rischio di aborto (rispetto a quello naturale di qualsiasi gravidanza). Il rischio di perdite fetali è legato a diversi fattori, quali l'età materna "avanzata" e il numero dei tentativi di prelievo.
Le perdite ematiche vaginali sono un evento relativamente raro e comunque non aumentano il rischio di perdita del feto.
Le complicanze infettive sono rare. La rottura delle membrane amniocoriali causata dal prelievo è una evenienza relativamente rara (circa 1%).

L’amniocentesi

L’amniocentesi è un test prenatale invasivo che si effettua tra la 15° e la 18° settimana di gestazione. Si effettua per via transaddominale sotto visione ecografica, introducendo un ago sottile fino a raggiungere l’interno del sacco amniotico dove è presente il feto, prelevando una piccola quantità di liquido amniotico per analizzarlo in laboratorio e costruire la mappa cromosomica del feto.

Ciò consente di accertare, o meno, la presenza di malattie cromosomiche sospettate con test non invasivi (sindrome di Down, trisomia 13 o trisomia 18), genetiche in caso di familiarità o precedente bambino affetto, finanche infettive (CMV, toxoplasmosi, Rosolia) a carico del feto.

L’amniocentesi è consigliata:

  • alle donne che abbiano avuto un risultato positivo al test combinato o al test su DNA fetale
  • alle donne che abbiano avuto figli con malattie crmosomiche o genetiche
  • in caso di familiari con specifiche malattie genetiche

I risultati consentono di escludere o accertare, nel 99% dei casi, numerose malattie genetiche, anche se non è possibile identificarle tutte.

Tale indagine comporta un aumento dell’1-3/1000 di rischio abortivo (rispetto a quello naturale di qualsiasi gravidanza).

Dopo l’amniocentesi, il rischio di rottura delle membrane amniocoriali è all'incirca dell'1/1000. Il rischio di lesioni fetali causate dall'ago è trascurabile, ove si consideri che il prelievo deve essere effettuato sotto controllo ecografico continuo.

La cordocentesi o funicolocentesi

Si tratta di un test prenatale invasivo che si esegue fra la 18° e la 20° settimana di gestazione e consiste nel prelievo di sangue fetale dal cordone ombelicale.

L'esame consiste nell'introduzione, sotto guida ecografica, di un ago nella cute dell'addome materno fino a raggiungere i vasi sanguigni del cordone ombelicale per prelevare un campione di sangue fetale da sottoporre ad analisi di laboratorio. Viene utilizzata per accertare la presenza di:

  • disturbi genetici
  • malattie del sangue
  • infezioni del feto

La cordocentesi può essere utilizzata anche per somministrare farmaci o effettuare trasfusioni di sangue al feto tramite il cordone ombelicale.

Fra i rischi che comporta il più grave è quello di aborto, la sua frequenza è stimata in circa il 2% dei casi anche se è variabile in base all'esperienza dell'operatore.

La cordocentesi è in disuso al fine di accertare (diagnosticare) la presenza di disturbi genetici perché esistono indagini, come l'amniocentesi e la villocentesi, che hanno un rischio di aborto inferiore.

3 Quale test effettuare?

Sono diverse le soluzioni a disposizione laddove si decida di sottoporsi a test di diagnosi prenatale. Ciò che ripeto spesso alla prima visita, soprattutto quando si parla di test prenatali non invasivi è che, prima di effettuare la scelta, è opportuno prendersi del tempo per capire il perché si voglia fare questo test, tenuto conto che il risultato potrebbe infine portare anche alla scoperta di una sindrome dove alla fine, solo la coppia, potrà decidere se portare o meno avanti la gravidanza. 

Quindi la domanda fondamentale da porsi è: "Ho necessità di sapere?"
Ognuno di voi nel profondo del proprio animo sa la risposta.

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