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Chirurgia robotica: Protesi al ginocchio, più precisa con il robot

Chirurgia robotica: Protesi al ginocchio, più precisa con il robot

L’uso dei robot in chirurgia ortopedica offre la possibilità di pianificare nel dettaglio l’intervento e consente una ripresa più rapida post-operatoria

Dott. Davide Bertolini

La chirurgia ortopedica con il robot Rio Mako nasce negli USA nel 2006 e arriva in Italia nel 2011. Sono pochissimi tuttavia in Italia i centri che lo utilizzano. Tra questi la Casa di Cura Villa Maria di Padova, dove opera l’equipe del dottor Davide Bertolini, chirurgo ortopedico considerato un luminare pioniere della chirurgia robotica in Italia con oltre 600 interventi realizzati. 


Qual è il valore aggiunto dato da questa tecnologia?

Il robot è un grandissimo ausilio per il chirurgo. A partire dalla pianificazione iperdettagliata dell’intervento, che sfrutta la ricostruzione computerizzata di una TAC 3D che consente di avere un piano preoperatorio e quindi un’estrema precisione nei tagli e nel posizionamento della protesi, prevedendo in anticipo il lavoro che si andrà a fare in sala. 


Come si svolge l’intervento di protesi al ginocchio?

In sala operatoria si valuta poi la corrispondenza anatomica della protesi con la tensione articolare dei legamenti. 
Questa metodica consente un risparmio dei tessuti che vengono interessati dall’intervento, un maggior controllo del dolore e tempi di recupero più rapidi per i pazienti, che dopo appena due giorni camminano già con le loro gambe e possono essere dimessi dalla struttura. Per i suoi buoni esiti questa metodica rappresenterà sempre più il futuro della chirurgia ortopedica.


 

Quali altri interventi di protesi è possibile eseguire?

Questa tecnologia permette di impiantare protesi monocompartimentali, totale del ginocchio e di protesi di anca.


Quanti chiedono il robot nell'intervento?

L'80 per cento dei miei pazienti sanno che uso la tecnologia e chiedono di utilizzarla. La pianificazione dell’intervento è una garanzia per il chirurgo ma soprattutto per il paziente. Devo riconoscere che la tecnica chirurgica robotica mi ha aiutato anche a perfezionare quella tradizionale, orientando l’alloggiamento delle protesi a criteri sempre più anatomici.

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