Tumore all'utero: la prevenzione delle malattie dell'apparato riproduttivo femminile
L’apparato genitale femminile è particolarmente esposto nei confronti delle patologie oncologiche; tra queste, il tumore maligno del collo dell’utero e le neoplasie maligne dell’ovaio.
Il tumore al collo dell’utero è una patologia di tipo maligno che colpisce la cervice. Questa, infatti, è rivestita da tessuto epiteliale il quale, principalmente per l’effetto del Papilloma virus e alcune concause, può andare incontro a modificazioni che, sebbene nella maggior parte dei casi siano regressive, tuttavia possono evolvere da alterazioni cellulari di basso grado a neoplasia infiltrante.
Indice
1 Quali sono attualmente i programmi di screening a disposizione?
I servizi di prevenzione prevedono l’esecuzione di un esame semplice che possa individuare le cause della patologia o la patologia in fase precoce. I tre programmi di screening attualmente validati in Italia sono quello per la prevenzione del tumore del collo dell’utero con pap test e HPV test, il tumore del colon e la mammografia. In quest’ultimo caso non si tratta di prevenzione, ma di diagnosi precoce.
2 Quindi, prevenzione e diagnosi precoce seguono due strade diverse?
Sì, infatti si può parlare di prevenzione del tumore al collo dell’utero perché negli ultimi 10 anni abbiamo cominciato a conoscere molto bene la storia naturale di questa malattia e il virus che ne è responsabile: il papilloma virus, del quale esistono molti sottotipi, alcuni responsabili dell'insorgenza della neoplasia. In questo caso, la prevenzione primaria è rappresentata dal vaccino.
Questo viene somministrato all’età di 12-14 anni, sia per i maschi sia per le femmine, prima che entrino in contatto con l’HPV, così da avere una protezione totale. Infatti, è dimostrato che il gruppo femminile vaccinato negli ultimi 10 anni non ha sviluppato patologia neoplastica. Il messaggio per i genitori è, dunque: vaccinate i vostri figli e figlie. In questo modo avranno una protezione sia per il tumore del collo dell’utero per le femmine, sia per le neoplasie a livello dell’ano e dell’oro-faringe per i maschi.
3 Avrebbe senso fare il vaccino per l’HPV in età più avanzata?
Ha sicuramente senso, ma non ha la stessa capacità di prevenzione rispetto ad un sistema immunitario che non ha ancora riconosciuto l’HPV. In particolare il vaccino è stato dimostrato essere utile nella prevenzione del secondo evento patologico in quelle donne che hanno già manifestato una malattia neoplastica in situ trattata in maniera conservativa (conizzazione). Quindi, per una patologia neoplastica non invasiva, la vaccinazione serve a prevenire la ricaduta ed è prevista gratuitamente dal SSN.
4 La prevenzione passa da pap test e HPV test: cosa sono e che differenza c’è?
Nell’esecuzione non ci sono differenze, il prelievo è lo stesso e viene eseguito utilizzando lo speculum e la spatola. Laddove sia riscontrata la presenza di HPV, nello stesso prelievo viene eseguito anche il pap test. In sostanza, l’HPV test è la ricerca della presenza del virus, il pap test è l’analisi delle cellule che sono state raccolte per riscontrare eventuali alterazioni delle stesse. In questo modo, la ricerca dell’HPV consente di anticipare di 5 anni quello che è il possibile sviluppo della patologia, tant’è vero che l’intervallo di ripetizione del test dopo i 30 anni è di 5 anni e non più di 3.
5 Un’altra patologia dell’apparato genitale femminile è il tumore ovarico. Di cosa si tratta?
E’ una neoplasia maligna molto aggressiva che si sviluppa a carico dell’ovaio e in molte occasioni si presenta con le caratteristiche di una cisti. Le cisti ovariche vanno suddivise in base all’età di insorgenza in: cisti che compaiono in età fertile, principalmente benigne, e cisti che compaiono in post menopausa e che, al contrario, solitamente sono di natura non benigna.
Il problema di questa patologia è che non esiste la possibilità di screening né un singolo esame che possa garantire la prevenzione. Nella grande maggioranza dei casi è una ecografia dell’addome eseguita per un sintomo aspecifico, quale il dolore addominale, ad evidenziare una formazione cistica a carico dell’ovaio. È importante ricordare che la maggior parte delle cisti che compaiono in età fertile non ha necessità di tipo terapeutico, tuttavia la paziente va indirizzata verso il corretto percorso diagnostico/terapeutico.
6 Come capire se le cisti sono benigne o maligne?
Il metodo d’elezione è rappresentato dall’ecografia per via trans-vaginale eseguita in corso di visita ginecologica perché dà la risoluzione migliore e, grazie a una classificazione standardizzata, permette una buona definizione diagnostica. Alla diagnosi può contribuire l’esecuzione di ulteriori test quali la determinazione di markers tumorali attraverso attraverso un prelievo ematico. Qualora venga riconosciuta una potenziale neoplasia maligna, si procede ad eseguire esami di secondo livello quali RMN, TAC, PET.
7 In caso di evoluzione maligna e trattamento, è possibile che la cisti si riformi, ma di natura benigna?
Purtroppo le malattie maligne dell’ovaio hanno solitamente una diagnosi tardiva, in quanto si manifestano in un momento della vita in cui la signora in post menopausa non esegue più visite ginecologiche. Di conseguenza, meno del 30% delle neoplasie maligne dell’ovaio vengono diagnosticate in uno stadio iniziale e questa ritardata diagnosi spesso comporta la necessità di terapie e interventi chirurgici molto pesanti.
Le neoplasie che compaiono in età fertile, invece, hanno più possibilità di essere diagnosticate in fase iniziale e trattate in maniera conservativa anche al fine di permettere una successiva gravidanza. Infatti, la ginecologia oncologica oggi è orientata a un trattamento rispettoso della fertilità: in tutte le patologie neoplastiche se c’è la possibilità di preservare la fertilità deve essere consentito di salvaguardarla laddove non sia stato deciso, a scopo terapeutico, di interromperla.
Cesare Romagnolo
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