Le maculopatie senili: cause, sintomi e terapie
La maculopatia è legata all'invecchiamento e causa una progressiva perdita della vista, ne parliamo con il Dott. Federico Forattini, oculista.
La maculopatia senile (in sigla AMD ossia Age-Related Macular Degeneration) è una malattia che interessa la parte più delicata dell’occhio, la macula, e determina una progressiva perdita della visione centrale compromettendo in modo anche grave la qualità della vita di chi ne viene colpito.
Indice
1 Anatomia e funzioni della retina
La retina è una membrana che rappresenta la “pellicola” dell’occhio ed è costituita da una complessa architettura cellulare a strati, contenente i fotorecettori (coni e bastoncelli) in grado di trasformare la radiazione luminosa in un impulso elettrico, il quale, opportunamente elaborato, raggiunge la corteccia cerebrale e permette la visione.
La macula è la parte centrale della retina, ha un diametro di circa 5 mm (raccoglie le immagini dei 18 gradi centrali del campo visivo) e contiene al suo centro una zona denominata fovea, di circa 1,5 mm di diametro, la quale a sua volta contiene la foveola di circa 0,5 mm di diametro: queste sono le zone in cui si concentra maggiormente la capacità di visione di dettagli e particolari.
Le due tipologie di fotorecettori hanno una funzione complementare: i bastoncelli hanno un’altissima sensibilità alla luce e consentono la visione in condizioni di scarsa luminosità, mentre i coni hanno la prerogativa di distinguere i colori.
I coni e i bastoncelli sono distribuiti in modo non uniforme sulla retina e si concentrano man mano che ci si avvicina al centro della macula.
Poiché diversi bastoncelli veicolano il loro segnale attraverso un’unica fibra ottica, mentre ogni cono ha una propria fibra ottica, si comprende l'importanza della macula (ove la densità di coni è maggiore) nella trasmissione della visione dettagliata.
L’integrità anatomica e fisiologica della macula è indispensabile per consentirci di vedere i colori, i dettagli e i particolari fini di ciò che osserviamo.
A supporto del grande lavoro che i coni svolgono è evidente come sia necessario un metabolismo efficiente e, allorché questo venga meno con l’invecchiamento, generalmente dopo i 65 anni, si innesca una sofferenza del tessuto maculare, appunto la AMD.
La prevalenza della AMD e la sua gravità, ovviamente, aumentano con l’età. Tale malattia rappresenta la principale causa di perdita della vista negli anziani e, per comprenderne la rilevanza, colpisce circa 200 milioni di persone a livello mondiale, con la prospettiva di raggiungere 280 milioni di casi nel 2040.
2 Quali sono le tipologie di maculopatia senile?
Esistono due tipi di AMD:
- secca (circa 80% dei casi) dove prevalgono i fenomeni distrofici e atrofici a carico dei fotorecettori maculari, con un’evoluzione generalmente più lenta
- essudativa (circa 20% dei casi) a evoluzione più veloce, nella quale il rilascio di una sostanza chiamata VEGF da parte del tessuto in sofferenza, determina la formazione di capillari neoformati (neovasi), la cui parete lascia fuoriuscire un essudato liquido che si accumula al di sotto e all’interno della retina maculare compromettendo maggiormente la funzionalità visiva
La AMD può interessare in forma diversa i due occhi e la forma secca può, nel tempo, diventare essudativa.
Le cause della maculopatia
La causa principale è riconosciuta nell’invecchiamento dei tessuti e nei ridotti scambi cellulari.
Esiste un certo grado di predisposizione genetica ed appare assodato il ruolo negativo svolto dal fumo, da una intensa esposizione ai raggi solari, e da valori elevati di colesterolo e trigliceridi.
3 I sintomi e la diagnosi dell’AMD
I primi sintomi di questa malattia sono:
- sfocatura
- deformazione della visione centrale
- difficoltà nella percezione dei particolari fini delle immagini
Queste problematiche portano, di solito, a una visita specialistica oculistica che può definire con precisione la diagnosi, anche con l’utilizzo di esami strumentali come la Tomografia Oculare, la Fluorangiografia e l’Indocianinografia.
Non esistono, purtroppo, allo stato attuale, terapie in grado di risolvere definitivamente la AMD con un completo recupero della visione perduta, ma ne esistono invece molte che possono rallentare o arrestare l’evoluzione e, in alcuni casi, anche ottenere un recupero parziale.
La tempestività della diagnosi e la precocità dell'inizio delle cure appropriate, con assiduità di controlli, rappresentano fattori fondamentali per la prognosi funzionale di questa malattia.
4 Le terapie per le maculopatie senili
Forme secche: integrazione vitaminica e fotobiomodulazione
Al fine di rallentare la progressione della AMD secca, fino a non molto tempo fa era disponibile solo la supplementazione vitaminica con appositi integratori (AREDS 2).
Nello scorso anno si è affacciata una nuova proposta terapeutica basata sulla stimolazione della catena respiratoria dei mitocondri che sono i componenti cellulari deputati alla produzione di energia.
I fotorecettori della macula (coni), proprio perché lavorano in continuazione, hanno un metabolismo molto intenso che richiede grande quantità di energia e risentono delle carenze dell'attività mitocondriale legate all’invecchiamento cellulare.
La fotobiomodulazione si avvale di un apparecchio prodotto dalla azienda LumiThera (Valeda Light Delivery System) che produce una radiazione luminosa con lunghezze d’onda di 590 nm (che agirebbe sulla produzione di VEGF), di 660 e 850 nm attive sulla catena respiratoria dei mitocondri. Tale radiazione verrebbe assorbita dai fotorecettori e, in particolare, dalla citocromo-c ossidasi, stimolando il metabolismo energetico delle cellule e quindi proteggendole dai fenomeni degenerativi tipici dell’invecchiamento.
Praticamente si tratta di un trattamento non invasivo che consiste di 9 sessioni per un massimo di 3 alla settimana, distanziate fra loro di almeno un giorno, durante le quali il paziente in ambulatorio fissa la luce emessa dall’apparecchiatura indicata per una durata di 4 minuti e 10 secondi.
Il primo anno possono essere eseguiti due cicli, successivamente, un ciclo all’anno.
Naturalmente questa terapia risulta appropriata per le forme non troppo avanzate della AMD secca e non è indicata:
- nelle forme evolute cosiddette “a carta geografica”
- nelle forme essudative
- in presenza di cataratta strutturata che impedirebbe il passaggio della luce dell’apparecchio
In ordine alla efficacia, che naturalmente speriamo possa essere confermata dall’uso, sono tuttora in corso studi scientifici, tra i quali, ricordo, quello in corso all’ospedale San Raffaele di Milano.
Voglio infine segnalare come l’Agenzia Europea EMEA abbia in esame una domanda di autorizzazione alla immissione in commercio (prevedibilmente all’inizio del 2024) di un nuovo farmaco a somministrazione iniettiva intraoculare destinato alle forme di AMD secca avanzate SYFOVRE (PEGCETACOPLAN) che agirebbe sulla cascata del complemento, modulando l'attivazione.
Al riguardo la casistica clinica in USA, ove il prodotto è stato autorizzato in febbraio, è ancora in fase di formazione.
Forme essudative: i nuovi farmaci intravitreali
La fondamentale svolta terapeutica nelle forme di AMD essudativa che sono quelle a più rapida evoluzione è avvenuta nel 2005 a seguito del riconoscimento del ruolo del fattore di crescita dei neovasi (VEGF) nella progressione di questa malattia, attraverso l’uso di iniezioni intraoculari di farmaci (soprattutto anticorpi monoclonali) in grado di inibire appunto il VEGF.
Tale terapia si è dimostrata molto efficace nel rallentare/arrestare l’evoluzione della AMD, offre in alcuni casi anche un miglioramento della vista, tuttavia deve essere ripetuta frequentemente e comporta un grande impegno di risorse tecniche ed economiche. La ricerca sul tema si mantiene molto attiva.
Qui le tappe fondamentali di questo cammino, le ultime delle quali recentissime:
- 2005 AVASTIN (Bevacizumab: 1,25 mgr in 0,05 ml) si tratta di un valido antitumorale che è stato il precursore di questo indirizzo terapeutico, attualmente non è registrato per uso oculare, deve essere frazionato, poiché il flacone per uso oncologico ne contiene 100 mg pari ad 80 volte la posologia oculare. Presenta rischi tromboembolici polmonari.
- 2007 LUCENTIS (Ranibizumab: 0,5 mg in 0,05 ml) si tratta sempre di un anticorpo monoclonale, a peso molecolare inferiore rispetto al precedente, con tossicità sistemica minore.
- 2012 EYLEA (Aflibercept: 2 mg in 0,05 ml) proteina di grande efficacia nel bloccare la frazione A del VEGF, con effetti collaterali ulteriormente diminuiti e grande sicurezza di uso. Attualmente rappresenta il gold standard rispetto al quale si confrontano i nuovi prodotti.
- 2020 BEOVU (Brolucizumab: 6 mg in 0,05 ml) anticorpo monoclonale di peso molecolare (26 kDa) inferiore alle precedenti sostanze, dotato di maggiore penetrazione nei tessuti, molto superiore efficacia nel determinare riassorbimento dell’essudazione (11 volte rispetto all’Aflibercept) e soprattutto molto maggiore persistenza di effetto che rende possibile, dopo le prime tre iniezioni di diradare i tempi delle ulteriori somministrazioni di mantenimento.
Per contro presenterebbe una maggiore incidenza di infiammazioni oculari, quali vasculiti, uveiti ed iridociliti guaribili con steroidi. La percentuale di questi eventi avversi si è tuttavia ridimensionata nella recente revisione clinica rispetto agli studi registrativi. Questo farmaco ci offre la possibilità di trattare anche forme di AMD resistenti alle cure precedenti indicate e soprattutto, nella prosecuzione della terapia nel tempo di ritrattare con iniezioni ogni 3-4 mesi anziché ogni 1-2 mesi alleggerendo moltissimo il carico di questo tipo di trattamenti sotto il profilo organizzativo e i disagi per i paziente.
- 2023 VABYSMO (Faricimab 6 mg in 0,05 ml) anticorpo umanizzato bispecifico cioè a duplice meccanismo di azione: infatti inibisce sia il VEGF A che la Angiopoietina 2, sostanza che provoca instabilità dell’endotelio capillare, contribuendo alla neoangiogenesi patologica e potenziando l’azione del VEGF. In tal modo riduce la permeabilità vascolare e l’infiammazione stabilizzando la parete dei capillari. È risultato efficace ed è, quindi, stato autorizzato oltre che nelle forme essudative della AMD anche nell’edema maculare diabetico. Il profilo di efficacia risulta sovrapponibile all’EYLEA, ma con il vantaggio di una maggiore persistenza, ossia dopo le prime 4 iniezioni a distanza di un mese l’intervallo fra le successive può essere allungato. Naturalmente essendo stato introdotto nella pratica clinica da pochissimo tempo siamo in attesa dei riscontri diretti del follow-up.
Federico Forattini
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