Come curare l’artrosi dell’anca? Tramite l’operazione di protesi con tecnica AMIS
La ricerca ortopedica si è evoluta tanto che oggi è possibile eseguire interventi di chirurgia protesica con tecniche mininvasive
L’artrosi d’anca è una patologia molto frequente, soprattutto dopo i 50 anni, e colpisce prevalentemente il sesso femminile.
Perché le donne le più colpite dall’artrosi dell’anca?
Per questioni legate alla menopausa ed ai cambiamenti ormonali, che contribuiscono al processo degenerativo. Tre pazienti su quattro sono infatti donne.
Quali sono le principali cause?
Nel 63% dei casi la causa principale è l’artrosi primaria. Altri fattori sono l’età (sopra i 65 anni), l’obesità, caratteristiche genetiche, sovraccarico funzionale e diabete.
Ciò che porta all’artrosi secondaria sono le alterazioni dell’asse anatomico (coxa valga o vara), displasia, conflitto femoro-acetabolare, esiti di fratture o lussazioni, necrosi asettiche ed artriti croniche (gotta, artrite reumatoide, emofilia). Questo processo degenerativo produce delle alterazioni dell’articolazione che causano dolore, limitazione della mobilità e peggioramento della qualità di vita.
Come vengono trattate queste patologie?
Il paziente affetto da coxartrosi, dopo gli accertamenti clinici e strumentali, si sottopone a trattamenti fisioterapici, cure mediche, terapie fisiche e infiltrazioni (con acido ialuronico o concentrato piastrinico) e solo alla fine si ricorre alla chirurgia. Affrontare un intervento è sempre impegnativo sia sul piano fisico che psicologico. Il paziente oggi vuole essere attivo, autosufficiente e ritornare il più precocemente possibile al proprio lavoro ed alle attività ludico sportive.
Ci sono delle novità in ambito chirurgico?
Sì, la ricerca ortopedica si è orientata verso una chirurgia con minor invasività: la cosiddetta MIS “chirurgia mininvasiva”.
Quali vantaggi presenta questa nuova tecnica?
Sono innumerevoli, come il risparmio del patrimonio osseo e la conservazione dei tessuti periarticolari (muscoli, vasi e capsula). In Casa di Cura Villa Maria applichiamo questa tecnica mininvasiva con un accesso anteriore: nel post operatorio i pazienti avvertono meno dolore, possono iniziare una rieducazione accelerata, camminano il giorno successivo all’intervento, usano le stampelle a protezione dell’impianto per 20 giorni e possono riprendere l’attività lavorativa e sportiva dopo 45 giorni.
L’accesso anteriore cosa permette di fare?
La chirurgia dell’anca con accesso anteriore mininvasivo non prevede il distacco di tendini e muscoli, comportando una riduzione del dolore postoperatorio, minor perdita di sangue, rapida riabilitazione, assenza di zoppia nel breve e lungo termine, precoce ripresa delle attività quotidiane e, da non sottovalutare soprattutto per la donna, una cicatrice cutanea ridotta.
La nostra équipe ha inoltre introdotto l’uso del robot (Mako Stryker) nell’esecuzione di questo tipo di intervento, che ci permette un posizionamento più accurato, una replicazione della naturale anatomia dell’anca ed una maggior preservazione del patrimonio osseo. Tutto ciò si traduce in maggiore sopravvivenza dell’impianto.
Francesco Barcaro
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